Un pool di archeologi del Cnr e della Soprintendenza per i Beni dell’Etruria scopre che opere credute false sono invece genuine
Un pool di archeologi del Cnr e della Soprintendenza per i Beni dell’Etruria ha analizzato le tecniche di fabbricazione della pittura su terracotta. Ci sono voluti due anni di sinergia con i laboratori di Fisica della Sapienza e con la Casaccia dell’Enea (che ha finanziato il progetto). Lì hanno sottoposto a indagini diagnostiche,termoluminescenza e fluorescenza dei raggi X, cinque lastre larghe quaranta centimetri e lunghe un metro, raffiguranti scene adottate dalla mitologia greca.
Non un unico quadro, non soggetti legati all’arte funeraria, ma fregi monumentali che gli etruschi fissavano sulle pareti di casa con grossi perni di metallo. Sono state salvate da un pozzo in cui erano state buttate, a Quartaccio. Come la reputazione del “Guerriero di Ceri”, pittura ceretana risalente al 500 a.C.: “per anni è girata la diceria incontrollata che questo capolavoro fosse un falso moderno - ha detto Francesco Roncalli, docente di Etruscologia all’università di Napoli Federico II - ora possiamo affermare con certezza che l’opera è genuina e che i pittori etruschi utilizzavano anche i colori sintetici, cioè estratti da pigmenti minerali, come il blu egizio”.
Nero e rosso per la base, presi dalle terre naturali e dal carbone da legno. Passaggi doppi nelle fornaci per la fissazione: i manufatti erano cotti in forno a una temperatura più contenuta per non danneggiare i colori più sensibili al calore, come l’azzurro. Ma non c’è traccia dei leganti organici, come il tuorlo d’uovo o la caseina. Al loro posto il bianco: “si tratta di caolino purissimo - - ha spiegato Vincenzo Bellelli, ricercatore dell’Istituto di studi sulle civiltà italiche e del mediterraneo antico del CNR - un materiale argilloso biancastro, molto prezioso, che gli etruschi utilizzavano come addensante (anche per confezionare i profumi). L’abbiamo confrontato con quello proveniente dalla miniera del monte Sughereto, in località Sasso. È identico!”.