PorticoOttaviaPorticoEsternoGli ebrei a Roma sono forse i soli abitanti della città che possono vantare una presenza ininterrotta di oltre duemila anni: sulle rive del Tevere costituirono il primo insediamento ebraico in Italia e una delle comunità più antiche in Europa. Le prime testimonianze di contatti ufficiali tra Gerusalemme e Roma risalgono alle ambascerie inviate dai Maccabei a partire dal 161 a.C:, per stringere patti di alleanza con i romani contro il predominio dei Seleucidi. Il nucleo originario la cui datazione viene indicata tra il II e il I sec. a.C., si accrebbe notevolmente con l'arrivo dei prigionieri portati a Roma tra il 63 e il 61 a.C., in seguito alla campagna di guerra di Pompeo in Giudea.

I bassorilievi dell'Arco di Tito che raffigurano il corteo trionfale dell'imperatore, con il candelabro a sette bracci e gli arredi depredati dal Tempio, tramandano la memoria della conquista di Gerusalemme nel 70 d.C., in seguito alla guerra intrapresa da Vespasiano e portata a termino dal figlio. Era l'inizio della dispersione degli ebrei nell'Impero.
Con l'arrivo degli schiavi portati da Tito e i numerosi esuli, la città divenne una delle più importanti comunità della diaspora: circa 50.000 presenze ebraiche.

 

Ghetto ebraico di Roma

Il Ghetto ebraico di Roma è tra i più antichi ghetti del mondo; è sorto infatti 40 anni dopo quello di Venezia che è il primo in assoluto. Il termine deriva dal nome della contrada veneziana, gheto, dove esisteva una fonderia (appunto gheto in veneziano), ove gli ebrei di quella città furono costretti a risiedere.

Le origini - Lo Stato della Chiesa

Il 12 luglio 1555 papa Paolo IV, al secolo Giovanni Pietro Carafa, con la bolla Cum nimis absurdum, revocò tutti i diritti concessi agli ebrei romani ed ordinò l'istituzione del ghetto, chiamato "serraglio degli ebrei", facendolo sorgere nel rione Sant'Angelo accanto al Teatro di Marcello. Fu scelta questa zona perché la comunità ebraica, che nell'antichità classica viveva nella zona dell'Aventino e, soprattutto, in Trastevere, vi dimorava ormai prevalentemente e ne costituiva la maggioranza della popolazione.

Oltre all'obbligo di risiedere all'interno del ghetto, gli ebrei, come prescritto dal paragrafo tre della bolla, dovevano portare un distintivo che li rendesse sempre riconoscibili: un berretto gli uomini, un altro segno di facile riconoscimento le donne, entrambi di colore glauco (glauci coloris). Nel paragrafo nove, inoltre, veniva loro proibito di esercitare qualunque commercio ad eccezione di quello degli stracci e dei vestiti usati.

Inizialmente erano previste due porte che venivano chiuse al tramonto e riaperte all'alba. Il numero degli accessi, aumentando l'estensione e la popolazione del ghetto, fu successivamente ampliato a tre, a cinque e poi ad otto.

La vita nel ghetto iniziò a risentire problemi di sovraffollamento quando un altro papa, Pio V, nel 1566 e nel 1569 obbligò gli ebrei a concentrarsi a Roma e ad Ancona, escludendoli dalle altre città pontificie

. Il 6 ottobre 1586, con il motu proprio Christiana pietas, papa Sisto V revocò alcune restrizioni e consentì un piccolo ampliamento del quartiere che raggiunse un'estensione di tre ettari.

Clemente VIII nel 1593 aggiunse, tra i luoghi di residenza imposta, la città francese di Avignone.

Le vicende della Rivoluzione francese e delle conquiste napoleoniche, sia pure con anni di ritardo e per un periodo limitato, modificarono le condizioni di vita degli ebrei romani. Il 10 febbraio 1798 le truppe francesi, comandate dal generale Berthier, entrarono in città. Il 15 febbraio venne proclamata la Prima Repubblica Romana, il 17 dello stesso mese all'interno del ghetto, in piazza delle Cinque Scole, fu eretto un "albero della libertà", il 20 papa Pio VI fu costretto a lasciare Roma ed il giorno dopo, a Monte Cavallo, il comandante francese proclamò la parità di diritti degli ebrei e la loro piena cittadinanza.

Tale condizione ebbe breve durata: nel 1814, con il definitivo ritorno del nuovo pontefice Pio VII, gli ebrei furono nuovamente rinchiusi nel ghetto.

Nel 1825, durante il pontificato di papa Leone XII, il ghetto, la cui popolazione era considerevolmente aumentata, venne ulteriormente ingrandito.

Il 17 aprile 1848, papa Pio IX ordinò di abbattere il muro che circondava il ghetto. Con la proclamazione della Repubblica Romana, nel 1849, la segregazione fu abolita e gli ebrei emancipati. Caduta la Repubblica, lo stesso pontefice obbligò gli ebrei a rientrare nel quartiere sia pure ormai privo di porte e recinzione.

Il Regno d'Italia

Intanto l'opinione pubblica liberale a Roma e all'estero iniziava a sollecitare il papa a migliorare le condizioni di vita degli ebrei e l'abolizione del ghetto. Ma il ghetto di Roma rimase l'ultimo emblematico retaggio della discriminazione in un'epoca di principi liberali e democratici: la breccia di Porta Pia segnò contemporaneamente la fine del potere temporale dei papi, l'abolizione definitiva del ghetto e la completa equiparazione degli ebrei romani agli altri cittadini.Il 20 settembre 1870 toccò ad un ufficiale ebreo piemontese l'onore di comandare la batteria dei cannoni che aprì una breccia nelle mura di Roma a Porta Pia, con l'annessione della città al Regno d'Italia, terminò il potere temporale dei papi, il ghetto fu definitivamente abolito e gli ebrei equiparati agli altri cittadini italiani.

Nel 1888, con l'attuazione del nuovo piano regolatore della capitale, buona parte delle antiche stradine e dei vecchi edifici del ghetto, malsani e privi di servizi igienici, furono demoliti creando così tre nuove strade: via del Portico d'Ottavia (che prendeva il posto della vecchia via della Pescheria), via Catalana e via del Tempio. Sono scomparsi in questo modo interi piccoli isolati e strade che costituivano il vecchio tessuto urbano del rione, sostituiti da ampi spazi e quattro nuovi isolati più ordinati ma anche meno caratteristici. Per avere un'idea di come doveva apparire il vecchio ghetto basta osservare la fila di palazzi che si trovano sul lato di via del Portico d'Ottavia, accanto a ciò che rimane dell'antico complesso augusteo.

Nel 1889 venne indetto un concorso per la costruzione della nuova sinagoga e selezionati due progetti. Nel 1897 la Comunità ebraica acquistò dal Comune di Roma l'area tra Lungotevere Cenci e via del Portico d'Ottavia, resa libera dalle precedenti demolizioni, per la costruzione del tempio. Nel 1899 venne scelto il progetto degli architetti Osvaldo Armanni e Vincenzo Costa, ispirato a motivi assiro-babilonesi e dell'Art Nouveau. I lavori, iniziati nel 1901, terminarono nel 1904 ed il 29 luglio dello stesso anno il Tempio Maggiore di Roma fu inaugurato. Nel seminterrato dell'edificio ha trovato recentemente sistemazione il Museo ebraico.

All'alba di sabato 16 ottobre 1943, un centinaio di soldati tedeschi, dopo aver circondato il quartiere, catturarono 1022 ebrei, tra cui circa 200 bambini. I prigionieri furono rinchiusi nel Collegio Militare di Palazzo Salviati in via della Lungara. Trasferiti alla stazione ferroviaria Tiburtina, furono caricati su un convoglio composto da 18 carri bestiame. Il convoglio, partito il 18 ottobre, giunse al campo di concentramento di Auschwitz il 22 ottobre. Soltanto 17 deportati riusciranno a sopravvivere, tra questi una sola donna e nessun bambino.

La Repubblica

Il 9 ottobre 1982, un commando mediorientale assalì i fedeli che uscivano dalla Sinagoga. Raffiche di mitra ed il lancio di una granata causarono la morte del piccolo Stefano Taché di due anni ed il ferimento di 35 persone.

 

Nel 1904, con l'inaugurazione del Tempio, l'ebraismo romano dava una nuova immagine di sé alla città, che nel 1907 avrebbe avuto un sindaco ebreo di grande prestigio, Ernesto Nathan. Nel 1938 le "leggi per la difesa della razza" imposte dal regime fascista colsero di sorpresa la collettività ebraica: a Roma l'improvvisa esclusione dal lavoro,dalla scuola, dalla vita pubblica richiamò alla memoria un passato che si pensava definitivamente superato. Il 16 ottobre 1943 reparti speciali di polizia tedesca circondarono la zona del Portico d'Ottavia catturando 1022 uomini, donne, anziani e bambini e in tutta la città fu fatto un rastrellamento che portò alla deportazione da Roma di oltre 2000 ebrei. Molte famiglie si salvarono grazie alla solidarietà dei concittadini che, a rischio della propria vita,li nascosero; notevole fu l'aiuto prestato da parrocchie, conventi e ospedali.

 

 

Il 13 aprile 1986, Giovanni Paolo II, primo pontefice a varcare la soglia di una sinagoga, si recò in visita al Tempio Maggiore, accolto dal presidente della Comunità ebraica di Roma Giacomo Saban e dal rabbino capo Elio Toaff. Nel suo discorso definì gli ebrei "... i nostri fratelli prediletti e, in un certo modo, si potrebbe dire i nostri fratelli maggiori"; il pontefice si ricordò di questa visita nella scrittura del suo testamento.

Il 17 gennaio 2010 papa Benedetto XVI ha visitato il Tempio Maggiore rinsaldando il dialogo ebraico-cattolico e rendendo omaggio alle vittime dello sterminio nazista.

 

Oggi Roma accoglie circa 20.000 ebrei e in un clima di pluralismo democratico e di tutela delle minoranze, la collettività ebraica romana fa sentire la voce della propria presenza millenaria nell'ambito della vita cittadina attraverso numerosi servizi al pubblico e una vivace attività culturale, svolta spesso in collaborazione con gli enti nazionale e locali.

 

ESTENSIONE

La zona che i romani oggi indicano come Ghetto è all'incirca delimitata da Via Arenula, Via dei Falegnami, Via de' Funari, Via della Tribuna di Campitelli, Via del Portico d'Ottavia eLungotevere de' Ceni.

Il Ghetto storico era invece molto più ristretto e situato all'incirca tra le attuali Via del Portico d'Ottavia, Piazza delle Cinque Scole ed il Tevere.

La sorte di quella zona venne decisa nel 1875, quando il Parlamento deliberò e finanziò la costruzione dei famosi "muraglioni" di arginatura, per difendere Roma dalle piene del suo fiume. Infatti, il solo sventramento necessario alla creazione dello spazio per il tracciato del lungotevere, avrebbe comportato la demolizione di circa metà del vecchio Ghetto.

Con l'occasione, si stabilì di portare a termine una più radicale opera di risanamento, che si concretizzò nel radere al suolo praticamente ogni edificio del vecchio Ghetto e nella creazione degli attuali quattro isolati.

Dopo il 20 settembre 1870 gli ebrei romani hanno stabilito la loro residenza anche in altre zone della città, pur mantenendo un attaccamento particolare per la vecchia area del Ghetto, nel quale o nelle immediate vicinanze del quale sono tuttora situati i principali punti di riferimento della comunità ebraica romana.

CURIOSITA’

Il brodo di pesce alla romana

Il brodo di pesce, specialità culinaria oggi di nuovo in voga e considerata anzi una prelibatezza, nasce dalla prossimità del ghetto romano con la zona più degradata e più sporca della città, accanto al complesso monumentale augusteo, attorno al Teatro di Marcello che, durante il Medioevo, divenne il mercato del pesce di Roma: la vicinanza del Tevere e del porto fluviale di Ripa Grande garantivano un comodo approdo alle barche provenienti da Ostia, pronte a riversare sul mercato il pesce migliore.

Tutti gli scarti venivano accatastati nei pressi della chiesa di Sant'Angelo in Pescheria, chiesa che diede anche il nome allo stesso rione, il Rione Sant'Angelo. Tutte le donne ebree (la maggior parte della popolazione era assai povera) andavano a raccogliere gli scarti del mercato: teste, lische e pesci, o parti di pesce, meno nobili. L'unico modo di utilizzare gli scarti era cucinarli con l'acqua. Nacque così uno dei piatti della Roma popolare ed in particolare del Ghetto: il brodo di pesce, allora una ricetta semplice e povera ed ora uno dei piatti più richiesti nei ristoranti della zona.

La consegna delle teste di pesce

Sulla parte destra del porticato di Sant'Angelo è murata una lapide, di 1,13 metri, con una iscrizione latina che ricorda l'obbligo di consegnare ai Conservatori dell'Urbe, magistratura elettiva cittadina, la testa ed il corpo, fino alla prima pinna (usque ad primas pinnas inclusive), di ogni pesce più lungo della lapide stessa. La parte richiesta è spesso la parte più gustosa del pesce.

Le prediche coatte

Nel 1572 papa Gregorio XIII, al secolo Ugo Boncompagni, impose agli ebrei romani l'obbligo di assistere settimanalmente, nel giorno di sabato, a prediche al fine di convertirli alla religione cattolica. Le prediche si tennero, nel corso dei secoli, con risultati invero assai modesti, in sedi diverse, tra le quali: Sant'Angelo in Pescheria, San Gregorio al Ponte Quattro Capi (ora San Gregorio della Divina Pietà) e nel Tempietto del Carmelo. Secondo un'antica tradizione gli ebrei si preparavano all'ascolto tappandosi le orecchie con la cera (la scena è rievocata nel film Nell'anno del Signore di Luigi Magni). L'obbligo fu revocato da Pio IX nel 1848.

Le messe di Cola di Rienzo

Cola di Rienzo, dalla mezzanotte della vigilia di Pentecoste del 1347 sino alle dieci del mattino seguente, nella chiesa di Sant'Angelo in Pescheria, assistette a trenta messe dello Spirito Santo per poi salire in Campidoglio, scortato da un centinaio di uomini e preceduto da tre gonfaloni, ove proclamò, di fronte al popolo romano, i suoi ordinamenti dello buono stato.

Nel film La finestra di fronte di Ferzan Ozpetek inoltre, il co-protagonista, l'anziano pasticciere ebreo Davide Veroli, è tormentato dai ricordi del rastrellamento del ghetto, in cui perse la vita il suo unico amore.

 

Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. La visita del ghetto si snoda partendo dalla Piazza del Campidoglio, Teatro di Marcello, Piazza Mattei, Portico d'Ottavia, Sinagoga e attraverso il Ponte Fabricio o dei Quattro Capi detto anche "iudeorum" si raggiunge l'Isola Tiberina.