A cavallo tra i monti della Tolfa ed i monti Sabatini, Canale di Monterano si impenna tra i tufi come un buttero ritroso. Ne denuncia così gli oltraggi di una terra ferita dal tempo che: “...non ha neanche più nome: un pezzo di Lazio, un pezzo di Toscana; ma fu Etruria, fino a oltre le porte di Roma, e poi Tuscia romana, di contro alla Tuscia dei longobardi. Finché nella parte costiera divenne Maremma.” (Cesare Brandi).
E verrebbe da gridare che Porsenna non abita più qui, ma tutto svela viceversa l’impronta lucumonica degli etruschi: grotte e ipogei, strade cave e arroccamenti rupestri. Tutto ne tradisce la matrice originaria di un insediamento che geneticamente etrusco si ritrovò poi nel Patrimonio di Pietro.
Dell’epoca romana conserva ben poco avendo preferito alle asprezze delle alture la più agile comunicazione sulla via Clodia timbrandosi di un toponimo assai eloquente: Forum Clodii.
E verrebbe da gridare che Porsenna non abita più qui, ma tutto svela viceversa l’impronta lucumonica degli etruschi: grotte e ipogei, strade cave e arroccamenti rupestri. Tutto ne tradisce la matrice originaria di un insediamento che geneticamente etrusco si ritrovò poi nel Patrimonio di Pietro.
Dell’epoca romana conserva ben poco avendo preferito alle asprezze delle alture la più agile comunicazione sulla via Clodia timbrandosi di un toponimo assai eloquente: Forum Clodii.
Nell’XI secolo l’altura di Monterano prende le chiavi di Roma e si colloca sotto l’egida della potente abbazia di S. Paolo e avvia il suo percorso con la Rinascenza in un clima di nepotismo e commende.
E’ terra asprigna e di briganti, tagliatori di boschi e carbonari e produce del buon vino:
“... terreno molto forte e tufato, et è luogo calido, rispetto alle grandissime selve che lo circondano, et anco in molti luoghi il terreno dove si piantano le vigne per la sua calidità sente il zolfo..."
(da una lettera del bottigliere del papa Paolo III, 1549).
Lo riserva alle mense papali e ai titoli di nobiltà come gli Altieri e gli Orsini. Una nobiltà spesso sbruffona, dalla vita gaudente e sprezzante come quella della Roma papalina di fine Ottocento dipinta da Monicelli.
C'era una vorta un Re cche ddar palazzo Mannò ffora a li popoli st'editto: "Io sò io, e vvoi nun zete un cazzo, Sori vassalli bbuggiaroni, e zzitto.
(G. Belli).
Monterano si trasforma così in proscenio e lascia all’incontro del brigante Fra Bastiano (Flavio Bucci) col marchese del Grillo (Alberto Sordi) la saga di una campagna romana infestata di briganti. E la colloca, dopo alterne vicende di malaria e saccheggi, nel cuore della pittoresca ”ruina” di S. Bonaventura, all’ombra di un grande fico testimone d’onore che:
Chi abbita a sto monno senza er titolo O dde Papa, o dde Re, o dd'Imperatore, Quello nun pò avé mmai vosce in capitolo.
(G. Belli)
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